Declino cognitivo: la fosfatidilserina può aiutare?

Written by Andy Mobbs
Reviewed by Lamia A Kader, MD
Declino cognitivo e fosfatidilserina

Più invecchiamo, più la salute dei nostri neuroni peggiora. Ad un certo punto, la maggior parte delle persone inizia ad avvertire alcuni lievi sintomi, ad esempio la memoria a breve termine non è più reattiva come un tempo, oppure si inizia a fare fatica a ricordare nomi e volti che un tempo erano familiari. Questo fa naturalmente parte dell’invecchiamento, ed è un fenomeno conosciuto col nome di declino cognitivo.

Un cervello felice e sano che lavora bene è dotato di cellule cerebrali che riescono a connettersi o a “parlare” in modo efficace l’una con l’altra. Il modo in cui le cellule cerebrali si connettono è chiamato “sinapsi”, e tutte le cellule del cervello e del sistema nervoso centrale utilizzano le sinapsi per consentirci di pensare, muoverci, imparare e ricordare. Tuttavia, con l’invecchiamento le nostre cellule cerebrali (conosciute come neuroni) iniziano a morire, e i neuroni che sopravvivono diventano meno sani e lentamente perdono la loro capacità di connettersi agli altri neuroni che li circondano.

Ovviamente, il declino cognitivo non è drammatico, e può non avere un grande effetto sulle nostre vite. Tuttavia, se lasciamo che la degenerazione prosegua, potremmo probabilmente raggiungere lo stadio successivo, conosciuto come decadimento cognitivo. Si tratta di una condizione un po’ più grave, e comporta il fatto che le persone vivano molto al di sotto delle loro potenzialità, pur potendo continuare a vivere in maniera relativamente normale e indipendente.

Ciò nonostante, quando il degrado supera un certo limite, si raggiunge lo stadio della demenza, dove anche il solo portare a termine delle semplici attività quotidiane può iniziare a diventare un problema. E a quel punto diventa impossibile vivere senza assistenza. Il 60%-80% dei casi di demenza sono costituiti dal morbo di Alzheimer.

Coppia di anziani felici

Membrane cellulari e declino cognitivo

La parola demenza indica un gruppo di malattie e patologie che portano ad un declino delle funzioni cognitive (memoria, comportamento, linguaggio, capacità di risolvere problemi e prendere decisioni) tale da interferire con la normale vita quotidiana.

Dopo molti anni, i ricercatori hanno scoperto molte delle varie cause scatenanti della demenza, la più importante delle quali è il cambiamento della struttura delle membrane che circondano e proteggono le nostre cellule cerebrali a causa di un accumulo anomalo di proteine deformate, che porta ad un progressivo declino cognitivo, fino a raggiungere la demenza.

Cosa sono le membrane cellulari?

Le nostre membrane cellulari sono formate da due strati di lipidi, conosciuti come doppio strato lipidico, e durante il loro processo di invecchiamento, le cellule si restringono e la composizione del doppio strato lipidico si modifica.

Normalmente, le cellule dovrebbero essere rotonde, fluide, malleabili e flessibili, il che consente loro di ricevere in modo efficiente il segnale delle sinapsi dalle altre cellule, oltre che permettere loro di essere permeabili, in modo che proteine, enzimi, nutrienti, ossigeno, glucosio, ecc. possano muoversi dentro e fuori dalle cellule.

Tuttavia, quando le membrane perdono la loro rotondità e fluidità, diventano più rigide e perciò meno permeabili e meno in grado di regolarsi per ricevere i segnali sinaptici. E’ possibile immaginarle come arance, belle rotonde e succose quando appena colte, ma che col tempo perdono acqua, diventando più secche e dure.

Cosa sono i doppi strati lipidici?

Membrana di fosfatidilserina
Il doppio strato fosfolipidico delle membrane cellulari

I doppi strati lipidici sono fatti di fosfatidilcolina, fosfatidiletanolamina, sfingomielina (una combinazione di fosfatidilcolina e fosfatidiletanolamina), fosfatidilserina e DHA, l’acido grasso omega-3.

Come la fosfatidilcolina, la fosfatidiletanolamina è molto importante per l’integrità strutturale della membrana: un po’ come la struttura in acciaio di un edificio, laddove fosfatidilserina e DHA offrono una maggiore fluidità e flessibilità.

In che modo l’invecchiamento influisce sui doppi strati lipidici?

Quando invecchiamo, il contenuto di fosfatidilserina delle membrane cellulari diminuisce e il contenuto di colesterolo aumenta1 2. Questo cambiamento è il motivo per cui aumenta la durezza e si riduce la fluidità e la flessibilità delle membrane cellulari.

Ciò determina una riduzione dell’attività enzimatica; le proteine e gli altri nutrienti non sono più in grado di entrare e uscire facilmente dalle cellule. Perciò le cellule non sono più in grado di comunicare in modo efficiente con le altre3 4 5.

Fortunatamente possiamo prevenire questo declino dei livelli di fosfatidilserina assumendo un semplice integratore con fosfatidilserina. Gli integratori con fosfatidilserina vengono assorbiti facilmente (a condizione che vengano assunti con cibi contenenti grasso!), e sono inoltre in grado di superare facilmente la barriera ematoencefalica nel cervello, in modo tale che possano essere assorbiti nelle nostre membrane neuronali6.

In che modo la fosfatidilserina può aiutare con il declino cognitivo?

Una volta entrata nelle membrane neuronali, la fosfatidilserina può rallentare, fermare o persino invertire le modifiche strutturali e biochimiche che sono avvenute, ripristinando la flessibilità e la fluidità delle membrane cellulari del cervello.

Ciò supporta le funzioni cognitive, permettendoci di:

  • Formare nuovi ricordi a breve termine,
  • consolidare quelli a lungo termine,
  • e inoltre recuperare i ricordi
  • e creare ricordi completamente nuovi.

Essa migliora inoltre la nostra capacità di:

  • apprendere
  • focalizzare
  • concentrarci
  • e la nostra capacità di capire e risolvere i problemi.

Possiamo migliorare le nostre capacità linguistiche e la nostra abilità di comunicare, oltre che le nostre funzioni locomotorie, specialmente le nostre reazioni rapide e i nostri riflessi7.

L’integrazione con fosfatidilserina promuove inoltre il rilascio del “fattore di crescita nervoso”, un ormone che stimola la crescita di nuove cellule nervose sane e che elimina quelle vecchie e danneggiate8. La fosfatidilserina inoltre protegge le membrane dai radicali liberi e dallo stress ossidativo, stimolando l’incremento dei nostri sistemi di difesa antiossidanti9.

Una bella coppia di anziani che si gode il tramonto

Le ricerche sulla fosfatidilserina, sul declino cognitivo e sul decadimento cognitivo

Studio 1 – Test in aperto

Nei test in aperto (cioè quelli in cui sia i soggetti che i ricercatori sanno che i soggetti stanno ricevendo della fosfatidilserina), alcuni pazienti anziani con un leggero declino cognitivo hanno ricevuto un’integrazione con 300 mg di fosfatidilserina (100 mg, tre volte al giorno) per 60 giorni.

Alla fine del periodo di 60 giorni, i soggetti avevano migliorato in modo significativo le loro prestazioni nei test di apprendimento verbale, di ricordo verbale, di scioltezza verbale, di apprendimento visivo, di attenzione, di abilità comunicative, di iniziativa, socializzazione e autosufficienza10 11.

Studio 2 – Studio a 90 giorni

Un altro studio ha esteso il periodo di integrazione a 90 giorni, arrivando a risultati molto simili, ma ha anche scoperto che i soggetti avevano migliorato la loro capacità di ricordare i nomi e di riconoscere i volti12.

Un altro gruppo di anziani adulti affetti da una tipologia più grave di declino cognitivo ha ottenuto miglioramenti significativi nell’apprendimento verbale, nel ricordo verbale, nella durata del livello di attenzione e nell’abilità a concentrarsi, ad esser vigile, nella socializzazione e nell’autosufficienza seguendo l’integrazione con la stessa dose da 100 mg di fosfatidilserina per tre volte al giorno.

Studio 3 – Studio in doppio cieco

È stato condotto uno studio in doppio cieco (dove cioè né i soggetti, né i ricercatori sanno se i soggetti stanno ricevendo fosfatidilserina o un placebo) sia su uomini che su donne ultrasessantenni con lievi perdite di memoria, ai quali è stata somministrata una dose di 300 mg di fosfatidilserina al giorno per 90 giorni.

I ricercatori hanno scoperto che il gruppo che aveva ricevuto la fosfatidilserina aveva avuto dei miglioramenti rilevanti sul richiamo dei ricordi a breve termine, sulla memoria immediata, sulle abilità di vocabolario, sul ricordo delle parole, sulla durata del livello di attenzione, e sulla capacità di restare vigili. Il gruppo placebo, al contrario, non ha ricevuto alcun beneficio13.

Studio 4 – Uno studio in doppio cieco che mira al declino cognitivo grave

Un altro studio in doppio cieco, si è concentrato su forme più gravi di decadimento cognitivo14 e di demenza degenerativa lieve15. I ricercatori hanno scoperto che erano riusciti a migliorare in modo concreto i ricordi verbali e le funzioni cognitive nel loro complesso. Essi hanno anche riscontrato livelli ridotti di astinenza e apatia rispetto al gruppo placebo a seguito della somministrazione di fosfatidilserina.

Il considerevole successo della fosfatidilserina per supportare le funzioni cerebrali e interrompere il declino cognitivo nei test clinici è stato riconosciuto dall’FDA che ha affermato:

  • “Il consumo di fosfatidilserina può ridurre il rischio di demenza negli anziani” e
  • “Il consumo di fosfatidilserina può ridurre il rischio di disfunzioni cognitive negli anziani”16.
Previeni il declino cognitivo con la fosfatidilserina

Non esiste una pozione magica

Tuttavia, va detto che la fosfatidilserina non è una pillola magica. Si adatta particolarmente alle persone che vogliono prevenire il declino cognitivo o a quelle che si trovano in uno stadio leggero o moderato di decadimento cognitivo.

Ad esempio, è stato condotto un altro test su pazienti affetti dal morbo di Alzheimer che hanno assunto un integratore con 400 mg di fosfatidilserina al giorno. I ricercatori hanno scoperto che nonostante l’integrazione, unitamente ad un programma di riabilitazione cognitiva della durata di 16 settimane, che aveva prodotto miglioramenti molto più significativi nei test neuropsicologici rispetto al solo programma di riabilitazione cognitiva, ciò nonostante la fosfatidilserina non era stata in grado di fermare l’avanzamento della malattia. Essi hanno inoltre scoperto che quattro mesi dopo, nonostante la continua integrazione con fosfatidilserina, i risultati erano peggiorati17

Per chiunque voglia prevenire il declino cognitivo, o cercare di fermarne l’avanzamento, consigliamo di provare l’assunzione di 100 mg di fosfatidilserina per tre volte al giorno.

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Riferimenti:

  1. Glade, Michael & Smith, Kyl. (2015). Phosphatidylserine and the human brain. Nutrition (Burbank, Los Angeles County, Calif.). 31. 781-786. 10.1016/j.nut.2014.10.014. ↩︎
  2. Crook T, Petrie W, Wells C, Massari DC. Effects of phosphatidylserine in Alzheimer’s disease. Psychopharmacol Bull 1992;28:61–6. ↩︎
  3. Glade, Michael & Smith, Kyl. (2015). Phosphatidylserine and the human brain. Nutrition (Burbank, Los Angeles County, Calif.). 31. 781-786. 10.1016/j.nut.2014.10.014. ↩︎
  4. Kim, Hee-Yong & Huang, Bill & Spector, Arthur. (2014). Phosphatidylserine in the Brain: Metabolism and Function. Progress in lipid research. 56. 10.1016/j.plipres.2014.06.002. ↩︎
  5. Marra C, Silveri MC, Gainotti G. Predictors of cognitive decline in the early stage of probable Alzheimer’s disease. Dement Geriatr Cogn Disord 2000;11:212–8. ↩︎
  6. Michael J. Glade Ph.D., Kyl Smith D.C., Phosphatidylserine and the human brain, Nutrition 31 (2015) 781–786 ↩︎
  7. Michael J. Glade Ph.D., Kyl Smith D.C., Phosphatidylserine and the human brain, Nutrition 31 (2015) 781–786 ↩︎
  8. De Simone R., Ajmone-Cat M.A., Tirassa P., Minghetti L. Apoptotic PC12 cells exposing phosphatidylserine promote the production of anti-inflammatory and neuroprotective molecules by microglial cells. Journal of Neuropathology and Experimental Neurology. Febbraio 2003;62(2):208-16. ↩︎
  9. Chaung HC, Chang CD, Chen PH, Chang CJ, Liu SH, Chen CC. Docosahexaenoic acid and phosphatidylserine improves the antioxidant activities in vitro and in vivo and cognitive functions of the developing brain. Food Chem 2013;138:342–7 ↩︎
  10. Sinforiani E, Agostinis C, Merlo P, Gualtieri S, Mauri M, Mancuso A. Cognitive decline in ageing brain. Therapeutic approach with phosphatidylserine. Clin Trials J 1987;24:115–25. ↩︎
  11. Caffara P, Santamaria V. The effects of phosphatidylserine in patients with mild cognitive decline. An open trial. Clin Trials J 1987;24:109–14. ↩︎
  12. Schreiber S, Kampf-Sherf O, Gorfine M, Kelly D, Oppenheim Y, Lerer B. An open trial of plant-source derived phosphatidylserine for treatment of age-related cognitive decline. Isr J Psychiatry Relat Sci 2000;37:302–7. ↩︎
  13. Cenacchi T, Bertoldin T, Farina C, Fiori MG, Crepaldi G. Cognitive decline in the elderly: a double blind, placebo-controlled multicenter study on efficacy of phosphatidylserine administration. Aging Clin Exp Res 1993;5:123–33. ↩︎
  14. Cenacchi T, Bertoldin T, Farina C, Fiori MG, Crepaldi G. Cognitive decline in the elderly: a double blind, placebo-controlled multicenter study on efficacy of phosphatidylserine administration. Aging Clin Exp Res 1993;5:123–33. ↩︎
  15. Villardita C, Grioli S, Salmeri G, Nicoletti F, Pennisi G. Multicentre clinical trial of brain phosphatidylserine in elderly patients with intellectual deterioration. Clin Trials J 1987;24:84–93. ↩︎
  16. Taylor CL. Letter regarding phosphatidylserine and cognitive dysfunction and dementia. Bethesda, MD: US Food and Drug Administration; 2003. ↩︎
  17. Heiss WD, Kessler J, Mielke R, Szelies B, Herholz K. Long-term effects of phosphatidylserine, pyritinol, and cognitive training in Alzheimer’s disease. Dementia 1994;5:88–98 ↩︎

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